Porsi la giusta domanda: “come”, e non “quando” si tornerà a viaggiare.

Se la domanda di tutti gli aspiranti turisti del mondo è simile, ovvero “quando si tornerà a viaggiare?”, le soluzioni emerse sin qui sono più legate al COME, ovvero a come si identificano le persone che possono viaggiare e al modo in cui si potrà – o si dovrà – viaggiare, a prescindere dal proprio paese di partenza e di destinazione.

Destinazioni Covid-free: una guerra impossibile

Alcune destinazioni, soprattutto se circoscritte, insulari, o con un accesso univoco, hanno già iniziato a puntare il proprio marketing di destinazione sul concetto di essere Covid-Free. Tuttavia è un approccio rischioso: una destinazione è covid-free solo in un dato momento, ma non può garantire di rimanerlo. Mi spiego meglio: una destinazione può azzerare i propri contagi, e magari vaccinare tutti i propri abitanti; può infine accogliere turisti solo con un tampone negativo entro le 48h precedenti all’arrivo, o richiederne il certificato di vaccinazione. Nessuna di queste precauzioni le consente di RIMANERE sicuramente Covid-free, finché in una parte del mondo la malattia c’è ancora.
Come non è Morbillo – free, o Rosolia – free, anche se quasi tutto il pianeta è vaccinato.
Ritengo che questa metodologia di marketing di destinazione sia tanto rischiosa da risultare fallimentare: al primo caso (inevitabile) in corso della stagione estiva o di vacanza, si rischia il crollo delle “PROMESSE” del marketing: contenziosi, cancellazioni illogiche.
Insomma, un caos e un danno irreparabile d’immagine, e le persone che possono viaggiare hanno comunque altre scelte.

Travel eligibility: accogliere chi può viaggiare

Altra scuola di pensiero, ben più prudente, è quella di concentrare il proprio marketing nel facilitare quelle persone che si presume possono viaggiare nella stagione estiva. Il verbo “presumere” è d’obbligo, in quanto regole internazionali e univoche, invocate a gran voce da tutto il pianeta, ovviamente i nostri governanti ancora non le hanno prodotte.
A Marzo 2021.

Proviamo ad ipotizzare degli scenari:

  • Possono entrare solo le persone vaccinate. Ingiusto ma possibile, questo scenario è già realtà in paesi come Israele.
    Il mondo necessità però di un METODO UNITARIO di riconoscimento della patente vaccinale: lingue diverse, codici diversi possono essere un ostacolo, altrimenti.
    Per una destinazione promuoversi sulla possibilità di accogliere solo persone vaccinate, significherà soprattutto adeguare le proprie infrastrutture tecnologiche. Non è pensabile passare ad un italico gabbiotto dei controlli con un foglietto delle vaccinazioni, le boarding-card, il passaporto e magari il foglietto di traduzione internazionale per la vaccinazione. Piuttosto è utile muoversi come ha fatto la Emirates, che ha creato un percorso di accesso al paese tramite aeroporto di Dubai con riconoscimento facciale, che include il riconoscimento identitario e quello vaccinale. [Globetrend Feb 21] .
    D’altronde il touchless è da mesi sul tavolo di chiunque lavori nel turismo.
  • Può entrare solo chi ha un tampone negativo entro 48h
    Questa soluzione temo che sarà la più largamente utilizzata, a motivo della lentezza delle campagne vaccinali in Europa, e quindi sarà solo relativamente un motivo di viaggio, poiché condiviso da molte destinazioni competitor tra loro; destinazioni che dovranno ugualmente organizzarsi per la lettura univoca del file di certificazione (da dimenticare le prove oscene della stagione 2020, non c’era una sola informazione univoca sui siti dei paesi da visitare) e dovranno fare i conti con il permanere di uno stato di ansia del turista, collegata a tutti i servizi ancillari con distanziamento come primo aspetto da comunicare. Questo scenario penalizza ancora fortemente le destinazioni come città d’arte, grandi capitali e forme di vacanze di gruppo (tour, crociere): non conferisce lo status di “sicurezza” che stiamo cercando da tempo.
  • Per entrare serve la quarantena di x giorni. Lo elenchiamo, ma semplicemente questo non è uno scenario di viaggio. E’ uno scenario di chiusura, una barriera invalicabile al concetto di leisure travel. E non c’è marketing, fidelizzazione, sconto lungo periodo che tenga. Semplicemente, non va.

Strategie vincenti: “qualunque cosa accada, possiamo aiutarti”

Nel Maggio 2020 alcuni hotel in Svizzera hanno iniziato a promuoversi comunicando di avere una sorta di Covid-emergency clinic: se per qualsiasi motivo il cliente aveva il sospetto di non stare bene durante le vacanze, l’hotel metteva a disposizione tamponi e staff adeguato per screening immediato, prima assistenza, collegamento con la propria (ricchissima) assicurazione sanitaria, rientro e tutela dei congiunti.

Il gigante ACCOR ha stretto un accordo con AXA, e fornisce ai propri ospiti assistenza medica completa. 5000 Hotels con un colosso delle assicurazioni. Provate a pensare le implicazioni commerciali, il cross selling, e soprattutto la sensazione di sicurezza per il cliente.

Rendere chiaro il patto di destinazione con le assicurazioni internazionali di viaggio: attualmente le prime parole ricercate ad esempio in Inghilterra con riferimento a “travel” – “Viaggio”, sono “quale assicurazione di viaggio copre il Covid-19“, oppure “dove si viaggia senza quarantena” oppure ancora “dove si può andare durante il covid“, il che la dice lunga sulla consapevolezza che il turista ha di quanto sia ancora lunga la strada.
Una regione italiana o – meglio ancora – il Paese intero che voglia aiutare il settore del turismo deve sicuramente lavorare anche su questo piano, perché le regole ASSICURATIVE siano univoche e chiare, e perché con regole univoche si possa tornare a programmare. Se mi ricordo bene, qualche anno fa si viaggiava nelle zone di malaria, Dengue e febbre gialla, vaccinati e con regole chiare di accesso, uscita e vacanza.